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CARBONARI DEL BUON BERE

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La Tintilia
Un antico vitigno in terra molisana
www.baccanaleromano.com
6 novembre 2008
di Cinzia Forino
Si dice che un vitigno è autoctono, o meglio, può essere iscritto nel Registro delle Varietà di Vite quando risponde a quattro requisiti:
  • viene coltivato sul territorio da oltre 50 anni
  • ha diffusione regionale
  • il suo nome riveste carattere storico
  • le sue caratteristiche agronomiche sono il risultato di un adattamento alle condizioni pedoclimatiche della zona stessa.
La Tintilia ha avuto questo riconoscimento nel 2002.

Benché il suo nome sia ancora legato al Bovale Sardo o Bovale Grande come suo sinonimo (così è scritto sull’Albo Nazionale dei Vitigni), da pochissimi anni, parliamo dell’inizio degli anni '80, dopo attenti studi su germoplasma e dna, la Tintilia reclama la sua totale autonomia: si è riscontrato cioè che nulla ha a che fare con il vitigno Bovale.
La Tintilia in realtà è originaria della parte centro settentrionale della Spagna (“vino Tinto”), così denominata per sottolineare il colore rosso profondo. Introdotto nel Molise attorno alla fine del 1700 in epoca napoleonica, quando gli scambi commerciali con la Francia erano più intensi, fu impiantato nell’entroterra nella parte collinare tra i 250 e i 600m slm.
Recenti ricerche hanno portato alla luce un antico documento datato 1810 dove è menzionata per la prima volta la "Tintilia" o "Tintiglia", ed è stata rinvenuta una pubblicazione sul Bollettino Ampelografico datata 1884, a seguito di un censimento promosso dal Ministero dell’Agricoltura, in cui risultava che la Tintilia era il vitigno più diffuso in Molise, specialmente nelle zone interne (Casacalenda, Campobasso, Castellone al Volturno, Bagnoli del Trigno, Carpinone, Castropignano, ecc).
Le altre varietà presenti sul territorio molisano erano in quell'epoca Bombino nero, Aglianico, Aleatico, Gaglioppo, Malvasia nera, Montepulciano, Canino e Zagarese, mentre per le uve a bacca bianca Bombino bianco, Malvasia lunga, Monsonico, Greco, Morese, Moscatello giallo, Cacaccione.

Anche in Molise ci fu l'avvento della fillossera, un parassita importato dal Nuovo Mondo e destinato a decimare gran parte degli impianti in Europa. Questo afide, che si insinua nelle radici per succhiarne tutto il nutrimento, non risparmiò la Tintilia: verso il 1919 fece la sua comparsa e iniziò a colpire anche i vitigni molisani. Come nel resto d’Europa, il problema fu risolto utilizzando portainnesti americani.

Fino agli anni ’60 la Tintilia era coltivata nella parte centrale molisana su colline ad un’altezza tra i 250-600m slm. A seguito della bonifica della zona litoranea, a partire dal ’70, la produzione si spostò sulla fascia costiera sfruttando forme di allevamento espanse a tendone. Era il periodo in cui la produzione era rivolta più alla quantità piuttosto che alla qualità, e la Tintilia dovette lasciare spazio a vitigni più vigorosi. Le poche quantità prodotte erano destinate ad integrare vini più scarichi di corpo e colore: appena diraspata l’uva per un terzo era scaldata a 60-65°C in grosse caldaie di rame e poi, tiepida, veniva mescolata alle altre vinacce crude per dare inizio alla fermentazione. Così si otteneva una maggiore estrazione di sostanze antocianiche.

Se oggi possiamo bere un buon bicchiere di Tintilia lo dobbiamo a pochi e tenaci produttori, i quali non hanno mai abbandonato l’idea di realizzare un vino di livello che rispecchiasse la territorialità molisana. La rivalutazione territoriale dal punto di vista vitivinicolo (ricordiamo che l’Italia vanta la più ampia varietà di vitigni al mondo), unitamente ad una controtendenza produttiva che negli ultimi trenta anni vede un’attenzione particolare alla qualità piuttosto che alla quantità, hanno visto nascere realtà che riescono a valicare con successo anche i nostri confini.

Dal punto di vista ampelografico la Tintilia è un vitigno a bacca nera, con grappolo spargolo, alato e con acino piccolo: il vino che ne deriva è molto carico di colore, in genere rosso rubino, con un sentore tipico di liquirizia dolce. E’ un vino rustico ma con una sua eleganza che riflette il terroir.

La DOC Tintilia nasce nel 1998 ed è riservata alle zone site in provincia di Campobasso e Isernia. La resa non deve superare gli 80q/ha, la forma di allevamento deve essere bassa - cordone speronato o gujot - e stabilisce la quota minima di coltivazione a 200m slm. I ceppi debbono essere impiantati con un intervallo di 0,90 e 1,10 m. e i filari devono avere una distanza tra loro che varia tra 2,50 e 2,80m.

Sono previste 3 tipologie di Tintilia:
  • Molise Tintilia, che deve avere titolo alcolometrico volumico totale minimo di 11% e estratto secco 18 g/l
  • Molise Tintilia Riserva, che deve avere un titolo alcolometrico totale minimo di 12,5% e un estratto secco di 20 g/l e un affinamento obbligatorio di 2 anni di cui 6 mesi in botti di legno.
  • Molise Tintilia Frizzante
Loris Del VecchioIl cavatappi di Loris
Emozioni di un carbonaro

Un saluto a tutti gli enonaviganti collegati.... "Bentornata Cinzia", non perche fosse andata via, per noi, per i carbonari del Baccanale romano, lei è sempre stata dei 'nostri'.
Ma come succede spesso nella vita, per diversi motivi a volte ci si perde un po' di vista, si fanno scelte, si percorrono altre strade, si vivono altre esperienze
Quindi "Bentornata Cinzia!", Cinzia che nella serata di giovedi scorso 6 Novembre 2008 ha condotto in maniera perfetta la serata che aveva come protagonista la Tintilia, un antico vitigno autoctono molisano, guidando benissimo anche la degustazione del vino, quella che di solito vede il nostro Ciccio grande mattatore.
Tutto è avvenuto nell'accogliente cornice di Casale Trigoria, un caratteristico agriturismo appena fuori dal Grande Raccordo Anulare, sulla via di Trigoria. Complice la calda atmosfera del posto, le ottime etichette e la cucina di Rocco, la nostra relatrice ci ha condotto in viaggio tra luoghi, persone e prodotti, all'inizio forse un po' emozionata, poi sempre più sciolta e professionale.
La serata è trascorsa tranquillamente tra bicchieri di tintilia, stracciata, pampanella e un boccone di pecora 'a cutturieddu', nel racconto di genti e terre molisane, e poi i nostri progetti per il futuro.
Sintetizzando, nello spirito del Baccanale Romano, che ci vede prima di tutto amici e poi 'roteatori' di calici di vino.

Loris Del Vecchio
Rocco D'AndreaIl menù di Rocco
Stracciata molisana e pampanella
... ...
Zuppa di fagioli
Ingredienti (per 4 persone):
400 g di fagioli borlotti secchi, 100 g di speck in un pezzo intero, 2 spicchi d’aglio, 1 rametto di rosmarino, 2 foglie di alloro, 1 cipolla bianca, 1 carota, 1 costa di sedano, 4 pomodorini rossi, 10 foglie di basilico, acqua o brodo vegetale q.b., pane raffermo, 50g di pecorino grattugiato, basilico tritato, olio extravergine di oliva, peperoncino, sale e pepe q.b.

Preparazione:
Per la zuppa: mettere a bagno i fagioli per un giorno. Preparare un tritato con la carota, la costa di sedano e la cipolla e far rosolare in mezzo bicchiere di olio extravergine di oliva, unire i fagioli scolati, aggiungere acqua o brodo vegetale e far cuocere per circa un’ora.
Nel frattempo far rosolare lo speck in una padella con olio extravergine di oliva ed un battuto di rosmarino e aglio.
Tagliuzzare i pomodori, farli appassire insieme allo speck, aggiungere poca acqua e far cuocere per cinque minuti.
Unire alla zuppa di fagioli il soffritto dello speck e far bollire per dieci minuti aggiungendo due foglie di alloro. Dosare il sale ed il peperoncino ed aggiungere le foglioline di basilico prima di servire.
Per i crostini: tagliare il pane raffermo a fettine. Deporre su ogni fetta un pizzico di basilico tritato, una spolverata di pecorino ed un goccio d’olio. Passare in forno per 10 minuti a 180° circa. Spolverarli ancora caldi con pepe nero. E’ importante aggiungere il pecorino dopo il basilico, non viceversa, in modo che il pecorino sciogliendosi fissi per bene su ogni fettina il profumo dell’erba aromatica.

Pecora 'a cutturieddu'
Ingredienti:
800gr di carne di pecora
150gr polpa di pomodoro
cipolla, sedano, carote, aglio, rosmarino, alloro, limone, salvia

Preparazione:
- Far bollire la carne di pecora in acqua con gli odori per circa due ore - Scolare lo spezzatino che si è ottenuto - Preparare in un tegame una dadolata di cipolla, sedano, carote con olio extravergine di oliva e far rosolare la carne per una decina di minuti - Sfumare il tutto con un bicchiere di brandy - Aggiungere la polpa di pomodoro, 4 foglie di alloro, 4 foglie di salvia e far cuocere a fuoco moderato per circa 20-30 minuti - Servire il piatto tiepido in maniera di avere il tempo utile per lasciarlo insaporire
La Gastronomia molisana

La Pampanella
fonte © www.ilmaiale.it

Ingredienti:
Un filetto di maiale con le costatelle, "pepone" in abbondanza, "diavolillo" a piacere, aceto di vino bianco q.b., 2 o 3 spicchi di aglio, sale q.b.

Preparazione
Tagliate la carne, lasciando le costatelle attaccate alla polpa, quindi preparate un intingolo impastando pepone (peperone rosso dolce fatto essiccare al sole, infornato e macinato finemente) spicchi di aglio tritati o schiacciati ed un buon pizzico di "diavolillo" e l'aceto.
Passate i pezzi di carne, ad uno ad uno, in questo impasto, facendo in modo che ne siano interamente ricoperti ed infornateli per più di un'ora, dopo averli sistemati in un ruoto.
A metà cottura, salate moderatamente la carne, spruzzatela di aceto, copritela con un foglio di carta argentata - una volta si usava quella paglia, cioè quella gialla - e terminate la cottura.
La "pampanella" è ottima sia calda che fredda.

NOTE:
Oggi è diventato frequente, ad opera di chi prepara la "pampanella" per venderla, l'uso di far lessare la carne prima di infornarla, onde evitare che il grasso possa sciogliersi troppo al calore del forno e le porzioni "sfreddare" oltre il conveniente. Il nostro consiglio è, naturalmente, quello di condire la "pampanella" con la pazienza di un'accurata manipolazione e con il rispetto dell'originaria preparazione nella quale non va dimenticato il contorno dei "fegatazzi", sottili pezzi di salsiccia di fegato che per i robusti Sammartinesi hanno ancora oggi il nome e la funzione di "passatiempe", cioè compagni di gusto e di bicchiere.
Francesco Cardelli wine tasting
di Ciccio Cardelli
Tintilia Doc 2006
Colle Sereno
Tintilia Doc 2005
Angelo D'Uva
Vignaiolo in Larino
Macchiarossa 2005
Molise Tintilia Doc
Cantine Cipressi
Tintilia del Molise Doc 2005
Catabbo
Nella bellissima cornice di
«Casale Trigoria»
Via Grotte di Penseroni 14, Trigoria 00128 Roma


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